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Un'epidemia familistica – di Laura Casella

ELZEVIRO – 21 MARZO 2020

Un'epidemia familistica

di Laura Casella


“Elzeviro” è una nuova iniziativa dipartimentale, un esperimento che ha lo scopo di aumentare la circolazione delle idee e il confronto degli argomenti all’interno del Dipartimento. Non ci sarà periodicità, né scelta prefissata dei temi, purché di interesse generale: è una pagina bianca messa a disposizione di tutti, sulla quale possiamo tutti intervenire.
Le proposte di contributo devono essere inviate a: sitowebde.dium@uniud.it.

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Perché così tanti morti in Italia? Il coronavirus sta colpendo molto duramente la popolazione italiana e l’alto tasso di mortalità che si registra nel nostro paese comincia ad essere oggetto di riflessione e ipotesi che travalicano l’ambito medico-scientifico.
È di pochi giorni fa la notizia che un gruppo di studiosi dell’Università di Oxford suggerisce che ci sia una duplice spiegazione: l’anzianità della popolazione – e questo è un dato – e la natura delle relazioni affettive che caratterizzano la famiglia italiana e, in ultima istanza, la struttura sociale del nostro stato: e questa è un’interpretazione da verificare.
La famiglia, di questo stato, è una cellula fondamentale: si è caricata negli ultimi secoli, e si carica oggi, di compiti di cura e assistenza che nei paesi dell’Europa continentale e del nord sono appannaggio dello stato sociale, delle sue politiche e istituzioni pubbliche.
Nella carenza di strutture dedicate, il patto di reciproca assistenza che lega anziani, generazione in età produttiva e bambini italiani, fa diventare necessità la virtù ma esprime bene anche la concezione e la pratica che abbiamo dei legami affettivi e familiari. Questa dimensione di prossimità, spesso anche fisica – tutti sotto lo stesso tetto, come scriveva Marzio Barbagli – o comunque di un quotidiano contatto tra giovani e anziani, largamente condiviso, avrebbe favorito la propagazione del virus. È la famiglia l’untore.
Storici della società moderna e contemporanea e sociologi della famiglia conoscono bene le teorie che dividono le società europee del centro nord da quelle mediterranee in base ai differenti modelli di famiglia: relazioni deboli, precoce emancipazione esistenziale ed economica dei giovani uomini e donne dal nucleo originario al nord; legami forti, interdipendenza, cura dei genitori con cui i figli restano in molti casi fino al (ritardato) matrimonio e a volte oltre, al sud.
Un modello di lettura dell’evoluzione sociale duro a morire, come si vede dalla chiave interpretativa ancora oggi proposta, e nonostante le profonde trasformazioni del tessuto sociale contemporaneo, con il comparire e l’affermarsi di ben più variegati modelli di famiglia come quelli che abbiamo sotto gli occhi oggi.
Questa lettura “familistica” ha giocato un ruolo rilevante anche nell’analisi politica e in particolare nel giudizio storico sulla costruzione della nazione e sulla (incompiuta, per alcuni) formazione della coscienza civica degli italiani. In altre parole ha qualificato, non certo positivamente nell’emersione di una serie di chiavi di lettura di cui quella che qualifica il suddetto familismo come “amorale” è solo la più esplicitamente negativa, il rapporto tra famiglia, società e nazione.
È ben chiaro perché un simile raffronto, oggi, in tempi di pandemia e di diverse risposte nazionali all’emergenza sanitaria, si presenti come materiale pericolosamente infiammabile. Da maneggiare con cura.

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