Il Tiepolo impacchettato – di Linda Borean
Divulgazione
ELZEVIRO – 9 GIUGNO 2020
Il Tiepolo impacchettato
di Linda Borean
Nell'ottobre del 1929 le pagine della cronaca giudiziaria del Giornale del Friuli furono monopolizzate da una vicenda che segnò la storia e l'aspetto di Palazzo Caiselli. Il tentativo, peraltro maldestro, di esportazione illecita della tela di Giambattista Tiepolo collocata sul soffitto del salone, allora adibito ad archivio e biblioteca, costò al conte Franco Caiselli una condanna penale, una multa di 250.000 lire e la confisca del dipinto a favore dello Stato. Sei anni più tardi, nel dicembre del 1935, per decisione ministeriale il quadro fu assegnato in deposito ai Musei Civici di Udine, ove è tuttora esposto. Ignorato a lungo dalla critica e reso noto in un periodico locale a fine Ottocento, l’opera di Tiepolo, raffigurante La Virtù e la Nobiltà che scacciano l’Ignoranza (c. 1743), non sfuggì all’occhio attento del soprintendente Gino Fogolari e nel 1910 fu notificata al proprietario come di importante interesse e immobile per destinazione, vista la sua collocazione sul soffitto del palazzo di vicolo Florio.
La tutela esercitata sulla base della nota legge del 1909, scatenò l'inizio di una tormentata odissea del nostro quadro tra offerte di vendita scartate – le 100.000 lire proposte dall'antiquario veneziano Carlo Balboni nel 1910 non erano sufficienti per Carlo Caiselli –, interventi conservativi e perizie di commissioni ministeriali, trasferimento temporaneo nella sede della Banca del Friuli, appelli allo Stato affinché esercitasse il diritto di prelazione acquisendo l'opera per il patrimonio nazionale ed infine un viaggio 'senza ritorno' all'estero, impacchettato entro un rotolo di canapa, puerile espediente per bleffare i controlli doganali. Unico periodo di pace fu, paradossalmente, quello coincidente con la prima guerra mondiale quando la tela rimase a palazzo Caiselli, senza subire danni, a differenza del soffitto della chiesa degli Scalzi a Venezia, realizzato da Tiepolo nel 1743 e distrutto dai bombardamenti austriaci il 24 ottobre del 1915.
Il processo del 1929 mise a nudo l'incuria e il disinteresse dei proprietari, innescando nella cittadinanza una crescente sensibilità per il destino del dipinto, ormai considerato indissolubilmente legato a Udine, tanto più considerando il depauperamento subito dal patrimonio artistico durante il conflitto. Così nel 1935 la direzione dei Musei Civici si appellò al governo chiedendo "la restituzione a Udine dell'insigne opera che mai avrebbe dovuto abbandonare il luogo dove fu mirabilmente creata". Sfogliando le carte del processo Caiselli non si può non notare la strategia dell'avvocato difensore del nobile imputato, fondata sulla messa in discussione dell'autografia della tela: si trattava di un originale o di una copia? Oppure era di mano di Giandomenico, il figlio di Giambattista che, seppur dotato, restava appunto e pur sempre "il figlio di"?
Foto di Mirco Cusin
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