Un nuovo mondo? – di Francesco Pitassio
Divulgazione
ELZEVIRO – 25 MARZO 2020
Un nuovo mondo?
di Francesco Pitassio
Uno dei libri più citati in queste settimane è Cecità (1995) di José Saramago – grande è il mio debito verso chi me lo fece scoprire in tempi migliori. Il romanzo dello scrittore portoghese nel titolo originale recita Saggio sulla cecità (Ensayo sobre a Cegueira), denotando una vocazione sperimentale: cosa accadrebbe se un’epidemia alterasse radicalmente le nostre condizioni di vita, mettesse in discussione il contratto sociale e ci riconducesse a uno stato di natura, in cui ciascuno di noi si trovi costantemente dinanzi a questioni morali e i gruppi a dilemmi etici? Questi stessi dilemmi e questioni si porrebbero anche per chi ha condizioni differenti – segnatamente, il personaggio della Moglie del medico? Una maggiore consapevolezza semplifica o rende più dolorose le scelte?
Un film del tutto negletto in questi giorni e poco considerato nella carriera del più sorprendente e inquieto degli autori del cinema moderno, Jean-Luc Godard, è Il nuovo mondo. Il cortometraggio fa parte del film collettivo Ro.Go.Pa.G. (1963), bislacco acronimo dei cognomi dei rispettivi registi (Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti, cui non fu concesso il privilegio di una vocale). Lo si reperisce su YouTube. Con la propria icasticità, Godard, in un quarto d’ora, enuclea questioni simili a quelle di Saramago. Un giovane si sveglia un giorno, dopo un lungo sonno, e la propria città – Parigi – è mutata irreversibilmente. Durante il suo sonno è esploso un ordigno nucleare a 120 mila metri sopra la metropoli. Gli abitanti non sono più gli stessi, sebbene le loro parvenze paiano immutate: «Si avvertiva che qualcosa di strano e inafferrabile aveva toccato la città […]. Le persone agivano in preda a una specie di sorda e misteriosa isteria», suggerisce la voce over del protagonista, mentre la macchina da presa attraversa le vie di Parigi e inquadra gli abitanti, intenti a ingoiare misteriose pillole. L’universo affettivo sembra mutato – una donna gli dice «Io ti ex-amo», non la più confortante delle dichiarazioni. La stessa evidenza pare messa in discussione: al quesito se lei si tratterrà per la notte, lei replica «Assolutamente», e all’osservazione che «Evidentemente» è l’avverbio più corretto, lei non comprende. Il protagonista conclude che la meccanicità ha sostituito il regno della logica e della libertà e che la mutazione si è introdotta inavvertitamente tra gli uomini. Anche in questo caso, un osservatore privilegiato guarda allo sfaldarsi delle condizioni collettive, senza poter realmente intervenire.
Nel momento in cui le nostre condizioni sociali, individuali, affettive sono riviste e limitate, credo che Saramago e Godard suggeriscano due elementi importanti. In prima istanza, la consapevolezza e la conoscenza non sono necessariamente un sollievo, ma una occasione di libertà. Continuare a esercitarle – leggendo, facendo ricerca, insegnando – è una fortuna non comune. In secondo luogo, la libertà è negoziata e conquistata giorno per giorno, attraverso lo sguardo e la scrittura. È quello che fanno i due protagonisti delle narrazioni, a beneficio di tutti. È quello che facciamo tutti noi, in questi giorni…
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