Università degli Studi di Udine

DIpartimento di Studi UManistici
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Agosto 2018

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3 Agosto 2018 — In collaborazione con la startup ArcheoCrowd

Aquileia preistorica: nuovo progetto e nuove scoperte

Conclusa con successo la quarta campagna di scavi nel villaggio preistorico di Ca’ Baredi-Canale Anfora

Si è appena conclusa con successo la quarta campagna di scavi dell’Università di Udine, diretta da Elisabetta Borgna, nel villaggio preistorico di Ca’ Baredi-Canale Anfora, in comune di Terzo di Aquileia, villaggio che gli studiosi ritengono essere il nucleo più antico della comunità di Aquileia. Il successo si deve all’impegno e alla passione dei molti studenti che, sotto la guida di Susi Corazza e Giulio Simeoni, membri dell’unità di ricerca che fa capo al Laboratorio di Preistoria e Protostoria dell’ateneo friulano, hanno lavorato sotto il sole di luglio, e al generoso supporto di un gruppo di giovani imprenditori costituiti nella start up ArcheoCrowd Srl che hanno proposto all’ateneo un accordo mirato al finanziamento dei progetti di ricerca archeologica attraverso la formula del crowdfunding.
“Si tratta di una soluzione innovativa che consente di riportare l’esperienza udinese alla prassi della ricerca scientifica avanzata nei contesti sociali più vivaci e sensibili a interessi ed attese dell’intera comunità – spiega Borgna -. E mentre Milano-Bicocca lancia una piattaforma universitaria per la raccolta di finanziamenti e per la formazione dei fundraiser, in Friuli la neonata società ArcheoCrowd non esita a investire nel settore umanistico, nella convinzione che sostenere e favorire non solo valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale del territorio ma anche la faticosa ricerca, che di quella valorizzazione è la premessa, significa migliorare e potenziare la vita economica, sociale e culturale delle comunità del presente”.
Il volano di questo fortunato incontro tra Università e mondo imprenditoriale è stato il progetto di ricerca “Paesaggi sepolti e sommersi. Aquileia e il suo territorio tra Eneolitico e età del ferro”, che il Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale porta avanti dal 2013 in condivisione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Tappa fondamentale del progetto è lo scavo in concessione ministeriale del sito in località- Ca’ Baredi, presso il Canale Anfora, un esteso insediamento a vocazione portuale che durante l’età del bronzo, tra il 1600 e il 1200 a.C. ca, si trovava alla foce di un antico alveo del torrente Torre presso il limite della laguna e quindi in una posizione strategica per gli scambi e le comunicazioni tra gli ambiti adriatici e le regioni interne.
Tra gli indizi più suggestivi di influenze e sollecitazioni di provenienza adriatico-mediterranea che le scorse campagne di ricerca avevano raccolto, la presenza del vino, identificato mediante raffinate indagini chimiche nei residui di una tazza abbandonata in uno dei molti focolari del villaggio tra XIV e XIII sec. a. C., aveva già suscitato ampio interesse anche tra il pubblico dei non addetti. Si prospettava la possibilità di approfondire e precisare il tema delle origini del consumo e della produzione del vino in Friuli, attività così radicate nelle tradizioni economiche e nelle pratiche alimentari e sociali delle comunità locali.
“L’opportunità di avviare ricerche mirate – spiega Borgna -, fondate non solo sullo scavo e il recupero di oggetti e strutture, ma anche su articolate e aggiornate indagini scientifiche, comprendenti sondaggi geologici meccanici, campionamento di suoli e depositi, analisi paleobotaniche dei resti-organici e chimico-fisiche dei materiali, è oggi offerta dalla nuova formula di finanziamento che sottintende la condivisione, tra i partner dell’accordo, di un programma scientifico orientato alla comprensione dell’antico ambiente, dei modi della sussistenza, della gestione delle risorse in antico, della formazione di tradizioni alimentari e di specializzazioni regionali nel campo della produzione alimentare”.
Intanto lo scavo di quest’anno, oltre alla raccolta di dati preziosi per le analisi, ha consentito di riportare alla luce gli spazi abitativi durante le fasi più antiche dell’insediamento: case con muri dalle fondazioni in ciottoli ed elevati in terra battuta frammista a cocci contenuta in pareti di rami intrecciati intonacate con limo, appaiono organizzate in maniera regolare e sulla base di allineamenti precisi e ricorrenti, che alludono a una sorta di pianificazione urbanistica. Gli strati di crollo delle strutture hanno consentito il recupero di materiali che raramente si conservano nei depositi archeologici, dall’intonaco di rivestimento, alle travi carbonizzate, a elementi lignei marcescenti ma non ancora degradati.

I materiali passeranno alla lente di ingrandimento degli studiosi durante i lavori invernali per una dettagliata ricostruzione della vita quotidiana, e specificamente della tecnologia edilizia degli antichi aquileiesi, in una fase, quella della media età del bronzo, che non ha al momento altri riscontri in regione per quanto riguarda tecnica e tipologia delle abitazioni.