Università degli Studi di Udine

DIpartimento di Studi UManistici
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Palazzo Falconieri

Palazzo Falconieri - sede DIUM

SEDE DEL DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI

Palazzo Falconieri


Via Mazzini, 3 – 33100 Udine
(ingresso da Palazzo Antonini, via Petracco, 8 – Udine)

SEDE DEL DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI

Palazzo Falconieri


Via Mazzini, 3 – 33100 Udine
(ingresso da Palazzo Antonini, via Petracco, 8 – Udine)

Palazzo Falconieri - sede DIUM

Quasi trecento anni fa Palazzo Falconieri, al n. 3 di via Mazzini, costituiva uno dei lotti gotici compresi tra l’ex-convento degli Agostiniani e Palazzo Antonini-Cernazai. Come si osserva sulla pianta di Udine edita da Giovanni Antonio de Gironcoli (Parigi, 1728)Essa si basò sulla carta di Gio. Giacomo Spinelli del 1704, oggi conservata alla fondazione CRUP.,

2.	Pianta di Udine edita da Giovanni Antonio de Gironcoli (Parigi, 1728)

Pianta di Udine edita da Giovanni Antonio de Gironcoli (Parigi, 1728).

gli edifici costituivano una sorta di insula al centro della quale si trovava uno spazio, rappresentato sul disegno come un giardino settecentesco.

                                                                  Insula

Palazzo Falconieri (cerchio rosso) nell’insula compresa tra le attuali via Tiberio Deciani, via Cicogna, Largo Antonini e via Mazzini; al centro dell’insula il giardino.

I viali e i vialetti del giardino – uno di questi iniziava proprio dal cortile di Palazzo Falconieri – facilitavano l’accesso alle strade che costeggiavano l’isolato e gli spostamenti tra un edificio e l’altro.

Le prime notizie certe risalgono al 1801Queste e le successive notizie sugli abitanti della casa, le transazioni di compravendita e gli interventi di modifica edilizia sono ricostruite sulla base di V. Masutti (ed.), Memorie su le antiche case di Udine di Giovanni Battista della Porta, vol. II, Udine 1987, s.v. 1259, 1260, 1261, 1277 (si veda anche l’edizione digitale a cura di A. Frangipane), quando l’immobile, registrato con il numero militare 1260Si tratta di un elenco di capifamiglia delle abitazioni udinesi censite dalla commissione preposta all’individuazione di possibili alloggi per le truppe: la numerazione iniziava dalla parte occidentale di via Aquileia e si concludeva nella parte orientale di questa, cfr. V. Masutti, Memorie, p. XV., risulta proprietà della famiglia Martinis: il capofamiglia Giacomo, già defunto, l’aveva lasciato in eredità ai figli Giuseppe (che vi abitava), Marco e Anna Giulia, nonché a Giovanni Battista Cicogna, figlio del noto “venditore”Cfr. Memorie, s.v. 1323. Che G.B. Cicogna ereditasse da G. Martinis si deduce sia dal fatto che il primo detiene una quarta parte (al pari dei figli di Martinis) sia dalla sua definizione di “coerede”, cfr. ibid., s.v. 1260, 1807, nov. 7.  e proprietario immobiliare Orlando, residente nell’omonima via Cicogna al lato opposto dell’insulaPer le proprietà di questo personaggio cfr. l’Indice delle Memorie, s.v. Poiché nel 1807 Orlando era ancora in vita, bisogna dedurne che il figlio Giovanni Battista ereditò la parte di immobile direttamente dal Martinis e non, come nelle altre attestazioni del personaggio, per lascito del padre, cfr. ibid., s.v. Cicogna, G.B. di Orlando di G.B. La sede della famiglia Cicogna era al numero 1341, cfr. Memorie, s.v..

Dopo la morte di Giuseppe, che lasciò a Marco la sua parte in usufrutto, i tre proprietariTra questi, Anna Giulia Martinis risulta vedova di un certo Tosoni.  vendettero l’abitazione a Gio Batta Cargnelli, figlio di DanieleIn G. Proscia, L’immobile di via Mazzini, Ristrutturazione in fase di completamento, Notiziario dell’Università di Udine, giugno 1998, 17, si legge che l’acquirente era Daniele Cargnelli, che tuttavia nelle Memorie viene definito chiaramente come padre defunto dell’acquirente, cfr. ibid., s.v. 1260, in riferimento a 1807, nov. 7: “ecc. G. B. q. Daniele Cargnelli”; vedi anche nota successiva. Anche l’affermazione secondo cui i venditori erano tutti eredi di Giuseppe non sembra corretta: nello stesso passaggio delle Memorie si afferma infatti che Marco agisce nella transazione “tanto come proprietario di una quarta parte de l’infrascritta casa, quanto come erede usufruttario dell’ora deffonto Giuseppe Martinis, fu di lui fratello”, implicando quindi l’esistenza di due diverse successioni: la prima, che coinvolge quattro parti riguarderà quindi probabilmente il lascito paterno ai tre figli e a G.B. Cicogna (cfr. sopra, n. 4); la seconda si riferisce invece alla parte del fratello Giuseppe, passata al solo Marco., nell’autunno del 1807Secondo quanto riportato nelle Memorie la transazione fu registrata il 7 nov., ma già il 2 sett. in occasione della vendita della casa adiacente (cfr. Memorie, s.v. 1259) il proprietario del Palazzo viene individuato in G. B. Cargnelli.. Essa consisteva “di tre piani, d’interni fabbricati e di cortivo, e fondi fino alli stilicidi”: il lotto, confinante a est e a sud con proprietà della famiglia Antonini – l’omonimo palazzo, oggi sede del Polo Umanistico dell’Università,

Antonini

Palazzo Antonini-Cernazai, sede del Polo umanistico dell’Università di Udine. 

e la famosa casetta trecentesca di via Mazzini

è ben distinguibile, con il suo cortile e i suoi interni, sulla Mappa della R.a città di Udine, disegnata dall’ing. Antonio Lavagnolo (1843–1850)Gabinetto delle stampe dei Civici Musei. :

Lavagnolo

Palazzo Falconieri sulla mappa di A. Lavagnolo (1843–1850).

Alla morte di G. B. CargnelliQuesti è registrato come proprietario dell’immobile ancora nel 1809, nel 1811 e nel 1813 (7 maggio), cfr. Memorie, s.v. 1260 e 1259 e il cosiddetto Sommarione, registro degli abitanti condotto sulla base di una carta napoleonica del 1811 (come gentilmente informa il signor U. Olivotto dell’Archivio di Stato di Udine)., l’edificio passò alla sua vedova, Anna Micoli, che si risposerà con il nobile Daniele Cossio: questi assume la rappresentanza della donna il 29 maggio 1820 in occasione di una contesa con i vicini Antonini, conclusa senza giungere ad un accordoCfr. Memorie, s.v. 1277, in riferimento al 21 apr., data in cui gli Antonini presentano un progetto per costruire una parte interna del loro edificio che evidentemente coinvolgeva anche Palazzo Falconieri e non incontra il favore dei vicini..

Una decina d’anni dopo, il 17 luglio 1830Prima di questa data Anna Cossio è menzionata come proprietaria dell’immobile ancora il 9 luglio 1820, il 29 agosto 1822 (cf. per entrambe le date Memorie, s.v. 1260), il 10 maggio 1830 (cfr. s.v. 1259).Giuseppe Cernazai, prima inquilino, poi, dal 10 maggio di quell’anno, proprietario di Palazzo Antonini, chiede l’autorizzazione per erigere “una fabbrica nel cortile della sua casa” che “dovrebbe appoggiare da un lato il muro divisorio” che separa la “proprietà della nob. Annetta Cargnelli Cossio”. Con questo diminutivo la signora Cossio è ricordata come proprietaria di Palazzo Falconieri ancora nel 1852Cfr. Memorie, s.v. 1260.  mentre quattro anni dopo è il marito Daniele Cossio che, “dovendo praticare l’allargamento del portico” nella casa, presenta un progetto per modificare “alcuni vani della facciata”. Il progetto, firmato da un muratore di nome SilvestroIl cognome del muratore, trascritto nelle Memorie come “Bosa” (s.v. 1260, cfr. anche 1264, 2040 e 2061), viene riportato da Proscia, L’immobile di via Mazzini, 17 come “Cosa”: pur essendo il tratto piuttosto assimilabile ad una “b” minuscola che non ad una maiuscola, come invece il nome proprio richiederebbe, la lettura “Bosa” è preferibile a quella di “Cosa”, tanto più che uno spoglio dell’archivio digitale dei cognomi udinesi dell’epoca, all’interno della banca dati dell’Archivio di Stato di Udine, dimostra l’esistenza del cognome “Bosa” a fronte di una assenza di attestazioni per “Cosa”. Tra l’altro nel resto del nome, il muratore sembra non porre troppa attenzione all’appropriato uso delle maiuscole e minuscole, cfr. in “Silvestro” la “l” scritta in corsivo maiuscolo. Un confronto con gli altri righi presenti sul foglio non aiuta, visto che la mano cui si deve la firma non è la stessa che ha scritto il resto delle note sul foglio.Il personaggio potrebbe allora identificarsi con il firmatario dei progetti menzionati anche s.v. 66, 67 e 2060, il cui nome è trascritto nelle Memorie e nel relativo Indice come “Cosa”. Tra le occorrenze riportate negli Indici, mancano 1260 e 1264, due edifici entrambi collegati a Daniele Cossio che, evidentemente, fece ricorso allo stesso muratore in entrambe le occasioni.,

Bosa-Cosa

Progetto per la ristrutturazione di Palazzo Falconieri (1852).

viene approvato il 31 marzo 1856: esso coinvolge lo spostamento del portone centrale verso destra, sotto alla trifora del primo piano, in uno spazio prima occupato da un vano con finestra, che dovrà quindi essere soppresso e ricreato a sinistra dell’ingresso.

Nel 1937 Palazzo Falconieri viene descritto come una casa di due piani e cinque finestreÈ possibile perciò che la trifora visibile ancora sul disegno del 1856 (cfr. sopra, con n. 14) fosse stata nel frattempo trasformata in tre finestre separate, forse nel quadro della trasformazione del palazzo in appartamenti, cfr. più avanti con n. 19., dotata di portone in pietra del XVI sec.Cfr. Memorie, s.v. 1260.. Al momento dell’acquisto da parte dell’Università di Udine all’inizio degli anni novanta, l’edificio appariva alquanto alterato. Immagini dell’epoca testimoniano come esso sia stato soggetto a modifiche strutturali che si rispecchiano sia nella facciata anteriore che in quella posteriore.

 I vani del piano terra

Falconieri-esterno

Palazzo Falconieri (facciata esterna) prima dell’acquisto da parte dell’Università (ca. 1990).

erano stati trasformati in locali commercialiNel 1935 a destra del portone si trovava (come dimostra una foto d’epoca) uno Spaccio Vini, forse l’osteria di proprietà di un certo Giovanni Falcomer , figlio di Leopoldo, curiosamente registrato come “Falconier” nell’ Annuario generale d’Italia, p. 1972. L’attività, iniziata il 24 luglio 1934, cessò il 1 giugno del 1936, come gentilmente ci informa P. Don dell’Ufficio Registro Imprese di Udine (mail del 22 agosto 2019). Negli anni `80 il locale ospitava una lavanderia. Alla fine degli anni '30 i proprietari dell’edificio, la famiglia Rodomonte-Florio, abitavano il primo piano dello stabile, vi avevano installato a sinistra del portone il proprio negozio di pellame, cfr. Annuario generale d’Italia del 1935 e Accertamento generale della proprietà immobiliare (presentato il 27/12/1939) gentilmente messoci a disposizione (come altri documenti catastali citati alle note successive) dalla direttrice del Catasto di Udine, ing. G. Tusa, e dai suoi collaboratori; inoltre sotto, n. 19. con il portone carrabile al centroCome era cioè originariamente prima della modifica proposta da Cossio nel 1856 (cfr. sopra, con n. 14): tale circostanza mi induce a pensare che la modifica relativa al portone non fu poi di fatto realizzata dal muratore.; gli interni, poi, erano stati suddivisi in appartamentiÈ possibile che quest’ultima trasformazione fosse avvenuta già prima del 1937, cfr. sopra con n. 15. Alla fine del 1939, i nuovi proprietari, Evaristo Rodomonte e Oliva Florio, denunciano al catasto la presenza di ben cinque appartamenti oltre ai due locali commerciali descritti sopra, alla n. 17. Al primo piano dell’edificio, nell’appartamento che si affacciava sulla via Mazzini, abitò la famiglia Rodomonte-Florio operando nel 1944 alcuni lavori di ampliamento cfr. Accertamento generale della proprietà immobiliare (presentato il 27/12/1939) e le successive modifiche alla planimetria registrate in Accertamento e classamento del 6 novembre 1943..  

Falconieri-interno

Palazzo Falconieri (facciata interna) prima dell’acquisto da parte dell’Università (ca. 1990).

La ristrutturazione venne affidata all’architetto Roberto Pirzio Biroli, un esperto nel recupero di lotti gotici, che aveva lavorato alla ricostruzione di Venzone.

Il progetto dell’architetto mirava a ricomporre l’unità tra Palazzo Falconieri e Palazzo Antonini come intesa nell’originario assetto dei lotti, testimoniato dalla carta di GironcoliSulle fasi dell’acquisto e dell’affidamento della ristrutturazione, sul progetto originario e le modifiche apportatevi su proposta della Commissione edilizia di Ateneo si veda Proscia, L’immobile di via Mazzini).. Viene così creato il “piano nobile” sulla facciata anteriore, valorizzata la profondità del cortile posteriore (chiuso verso il giardino da una “porta micenea”), e aperto un andamento di archi al posto del precedente muro divisorio tra il cortile e l’attuale sede centrale del Polo Umanistico. 

In considerazione poi del fatto che il Palazzo avrebbe ospitato il Centro Internazionale sul Plurilinguismo, l’architetto intese incarnare nella varietà di stili (classico e moderno), la pluralità di linguaggi, che sarebbe stata oggetto di studio all’interno della nuova sede dell’Università, come ben illustra il Professor Renato Oniga, attuale direttore del Centro Internazionale sul Plurilinguismo, nel Catalogo della Mostra che ne celebra i 25 anni dalla fondazioneCentro Internazionale sul Plurilinguismo, 1994–2019. Informazione, documentazione, ricerca, a cura di R. Oniga, Udine 2109, 11–13.:

Lo stile architettonico intende esprimere il concetto di “plurilinguismo” con precise citazioni, come un plurilinguaggio architettonico. La facciata dall’effetto marmoreo allude a un palazzo veneziano, con la superficie muraria liscia di basamento, il “piano nobile” e gli andamenti orizzontali dei cornicioni che girano intorno all’angolo. L’assetto del cortile interno valorizza la profondità del lotto gotico e crea una fuga prospettica verso un ingresso monumentale che rievoca la porta dei leoni a Micene.

A questo stilema greco rispondono gli archi a tutto sesto in stile romano aperti sulla ex corte carrabile. La scala elicoidale in pietra è un omaggio alla verticalità della scala gotica. La porta laterale interna si proietta nella modernità riprendendo le composizioni di Mondrian con materiali come il marmo bianco trasparente e vetri incorniciati da infissi in ferro-finestra come nelle piccole stazioni della metropolitana viennese progettate da Otto Wagner”.

A Palazzo Falconieri si trovano attualmente gli studi di alcuni docenti del DIUM nonché il Laboratorio di Papirologia e l’Osservatorio Turismo e Territorio.

 

Testo di Giuseppina Azzarello, Professore associato di Papirologia.