Andrea Romano
Sbocchi professionali
Mi chiamo Andrea Romano. Ho frequentato il liceo classico “J. Stellini” di Udine diplomandomi nel 1997 con 60/60. Mi sono laureato in Lettere a Udine nel 2002 con 110 e lode. Mi sono abilitato alla Ssis di Udine nel 2004 con 80/80.
Dal 2007 sono un docente di ruolo nella classe di concorso A011 (italiano e latino) e da una dozzina d’anni insegno al liceo “C. Percoto” di Udine.
L'Intervista
Cosa L’ha portata a scegliere gli studi umanistici?
Ho sempre avuto ottimi docenti di materie umanistiche sia alle scuole medie che al liceo. Sono stati i miei modelli. In più ho sempre nutrito un acuto interesse personale per la parola del passato e per il dialogo con i nostri antenati, sulle cui spalle noi poggiamo per vedere di più e meglio di loro, come dicevano i medievali. Non nascondo che, almeno al liceo, avevo anche un certo disdegno un po’ snobistico per ciò che avesse a che fare con la prassi, con l’attualità, con la politica e l’economia. Un’inclinazione sbagliata, questa, frutto di un’interpretazione in parte distorta della nostra tradizione.
Ha mai effettuato soggiorni all’estero nell’ambito della Sua formazione universitaria?
Non sono mai stato all’estero nella mia esperienza da studente.
Che ruolo ha avuto la formazione umanistica nella professione che ha svolto?
La mia formazione umanistica è stata indispensabile. Non ricordo di avere mai studiato tanto e con tanta bruciante passione come al liceo. L’università da questo punto di vista è stata diversa e forse più leggera. Mi ha dato inoltre gli strumenti per approfondire i miei studi in modo autenticamente scientifico. Molta parte della mia formazione superiore, infatti, è stata di tipo rigorosamente filologico. Accanto a questi due aspetti, non posso negare che alcune delle letture per me fondamentali io le abbia scelte di mia iniziativa senza la sollecitazione diretta dei miei docenti.
Ritiene che gli studi umanistici possano aprire la strada a diversi percorsi professionali?
Penso che gli studi umanistici siano validi a 360 gradi in sé. Sul piano lavorativo, invece, sono convinto che l’opzione principale per un laureato in Lettere dovrebbe essere la scuola, sia perché non credo vi siano molteplici altre strade, se non occasionalmente (giornalismo, editoria ecc.), sia perché un innamorato di tali materie normalmente avverte l’esigenza di trasmettere questo tipo di sapere ai giovani, innescando – io penso – un circolo virtuoso che può essere interpretato – come l’io l’interpreto – anche come una missione.
Cosa direbbe ad un giovane che si sta orientando tra i diversi percorsi di studio?
Io direi di seguire la propria vocazione, se c’è, non tradizioni di famiglia, amicizie che poi tramontano o altro come miraggi di una facile sistemazione statale. Se uno ha la volontà di studiare, deve perseverare e fare i relativi sacrifici. Diversamente è meglio per lui e per la sua famiglia che faccia altre scelte. Quindi realismo. Consiglierei anche alcuni libri. Due sono di Giorgio Pasquali, il grande grecista: le sue Pagine stravaganti e la Storia dello spirito tedesco nelle memorie di un contemporaneo. Fanno ben capire che cosa significhi amare la letteratura ed insegnarla. Inoltre suggerirei il volume di Claudio Giunta E se non fosse la buona battaglia? per avere un ragguaglio realistico sulle condizioni degli studi umanistici in Italia.